IV DOMENICA DI QUARESIMA, LAETARE (Anno B) - "Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui"

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Il Magistero di Benedetto XVI

Visita pastorale alla parrocchia romana di Dio Padre Misericordioso, 26 marzo 2006

Questa quarta domenica di Quaresima, tradizionalmente designata come “domenica Laetare”, è permeata da una gioia che in qualche misura attenua il clima penitenziale di questo tempo santo: “Rallegrati Gerusalemme – dice la Chiesa nel canto d’ingresso - Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza”. A quest’invito fa eco il ritornello del Salmo responsoriale: “Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia”. Pensare a Dio dà gioia. Viene spontaneo domandarsi: ma qual è il motivo per cui dobbiamo rallegrarci? Certamente un motivo è l’avvicinarsi della Pasqua, la cui previsione ci fa pregustare la gioia dell’incontro con il Cristo risorto. La ragione più profonda sta però nel messaggio offerto dalle letture bibliche che la liturgia oggi propone e che abbiamo ora ascoltato. Esse ci ricordano che, nonostante la nostra indegnità, noi siamo i destinatari dell’infinita misericordia di Dio. Dio ci ama in un modo che potremmo dire “ostinato”, e ci avvolge della sua inesauribile tenerezza...Il Vangelo ci presenta un personaggio di nome Nicodemo, membro del Sinedrio di Gerusalemme, che va di notte a cercare Gesù. Si tratta di un uomo per bene, attirato dalle parole e dall’esempio del Signore, ma che ha paura degli altri, esita a compiere il salto della fede. Avverte il fascino di questo Rabbì così diverso dagli altri, ma non riesce a sottrarsi ai condizionamenti dell’ambiente contrario a Gesù e resta titubante sulla soglia della fede. Quanti, anche nel nostro tempo, sono in ricerca di Dio, in ricerca di Gesù e della sua Chiesa, in ricerca della misericordia divina, e attendono un “segno” che tocchi la loro mente e il loro cuore! Oggi come allora l’evangelista ci ricorda che il solo “segno” è Gesù innalzato sulla croce: Gesù morto e risorto è il segno assolutamente sufficiente. In Lui possiamo comprendere la verità della vita e ottenere la salvezza. E’ questo l’annuncio centrale della Chiesa, che resta nei secoli immutato. La fede cristiana pertanto non è ideologia, ma incontro personale con Cristo crocifisso e risorto. Da questa esperienza, che è individuale e comunitaria, scaturisce poi un nuovo modo di pensare e di agire: ha origine, come testimoniano i santi, un’esistenza segnata dall’amore.
 
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