Memoria di San Giosafat, vescovo e martire - "Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui"

Dal Vangelo secondo Luca (18,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Il Magistero di Benedetto XVI
Santa Messa a Napoli, 21 ottobre 2007

La vedova [...] fa pensare ai "piccoli", agli ultimi, ma anche a tante persone semplici e rette, che soffrono per le sopraffazioni, si sentono impotenti di fronte al perdurare del malessere sociale e sono tentate di scoraggiarsi. A costoro Gesù ripete: osservate questa povera vedova con quale tenacia insiste e alla fine ottiene ascolto da un giudice disonesto! Come potreste pensare che il vostro Padre celeste, buono e fedele, e potente, il quale desidera solo il bene dei suoi figli, non vi faccia a suo tempo giustizia? La fede ci assicura che Dio ascolta la nostra preghiera e ci esaudisce al momento opportuno, anche se l’esperienza quotidiana sembra smentire questa certezza. In effetti, davanti a certi fatti di cronaca, o a tanti quotidiani disagi della vita di cui i giornali non parlano neppure, sale spontaneamente al cuore la supplica dell’antico profeta: "Fino a quando, Signore, implorerò e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non soccorri?" (Ab 1,2). La risposta a questa invocazione accorata è una sola: Dio non può cambiare le cose senza la nostra conversione, e la nostra vera conversione inizia con il "grido" dell’anima, che implora perdono e salvezza. La preghiera cristiana non è pertanto espressione di fatalismo e di inerzia, anzi è l’opposto dell’evasione dalla realtà, dell’intimismo consolatorio: è forza di speranza, massima espressione della fede nella potenza di Dio che è Amore e non ci abbandona. La preghiera che Gesù ci ha insegnato, culminata nel Getsemani, ha il carattere dell’"agonismo" cioè della lotta, perché si schiera decisamente al fianco del Signore per combattere l’ingiustizia e vincere il male con il bene; è l’arma dei piccoli e dei poveri di spirito, che ripudiano ogni tipo di violenza. Anzi rispondono ad essa con la non violenza evangelica, testimoniando così che la verità dell’Amore è più forte dell’odio e della morte.
 
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